L’agenda setting è una teoria della comunicazione piuttosto conosciuta da chi si occupa di media, soprattutto d’informazione. O almeno così dovrebbe essere, visto il suo enorme rilievo e l’argomento che tratta: la forte influenza che i mass media hanno sul pensiero di ciascuno di noi.
Agenda setting: significato
Prima di parlare dell’agenda setting ti faccio subito una domanda e ti invito a riflettere. Pensa ai tuoi interessi, alle tue priorità oppure ai tuoi problemi: credi che siano gli stessi di una persona, diciamo, del sesso opposto al tuo, con 10 anni di differenza (in più o in meno, fai tu) che magari vive a migliaia di chilometri da te?
Beh, ovvio che no. Ma lo stesso si potrebbe dire se ci riferissimo a qualcuno molto vicino a te, come un fratello o una sorella ecc.. Insomma, ciò che è importante per te, non necessariamente lo è per un’altra persona, giusto?
Scusa se continuo ad essere criptico e ti rivolgo un altro quesito: credi di scegliere in totale libertà a quali notizie prestare attenzione, quali eventi problematizzare, insomma, scegli sempre tu a cosa pensare?
Rispondo io: no. Ma credimi, non sto ipotizzando nessun complotto verso la libertà di pensiero. Il fatto è che le notizie, gli argomenti e, in generale, ciò di cui si discute sono per forza di cose aspetti scelti a discapito di altri.
L’agenda setting riguarda un po’ questo concetto riferito alla scelta, da parte dei media, di ciò che si ritiene importante per il pubblico. O meglio, a voler essere sinceri, di ciò che è “notiziabile”.
Capirai che quando si tratta di mass media e di informazioni/notizie di largo consumo, la scelta dei topic ai quali dare risalto sia parecchio delicata e incisiva sul pensiero di tutti noi. Quindi il passaggio della notizia da un’agenda privata ad una d’interesse pubblico è un aspetto serio.
Forse stai pensando “no, sono sempre io a decidere cosa pensare!”, quindi passo subito alla teoria per poi farti un esempio che ti darà un’idea del peso dell’agenda setting.
Teoria dell’agenda setting
Abbiamo capito che la copertura mediatica indirizza il nostro pensiero verso alcuni argomenti selezionandoli rispetto ad altri. In realtà, secondo la teoria dell’agenda setting, anche il nostro pensiero viene plasmato. Dunque i media hanno un potente strumento per influenzare la realtà e il modo in cui le persone la vedono.
Ma prima che tu voglia gridare al complotto (che nella storia dell’uomo c’è spesso stato e spesso ci sarà) lasciami dire che è del tutto naturale che un racconto, anche se di un fatto oggettivo, subisca gli effetti della mediazione.
Tornando alla teoria dell’agenda setting, studiata per la prima volta nel 1972, questa afferma che le notizie svolgono un ruolo fondamentale nella formazione delle realtà politiche.
La quantità di tempo speso per un problema e le informazioni trasmesse in una notizia, insieme alle posizioni prese rispetto al topic, determinano quanto un elettore apprende e l’importanza che attribuirà a una determinata questione.
Ma anche questo è naturale. Prova a pensare ai talk show televisivi in tempi di elezioni: quando si discute in studio sulle opinioni di un candidato. Alcuni aspetti vengono messi in risalto e acquistano importanza, altri no. Ciò può spostare addirittura dei consensi o l’intera agenda di una campagna politica.
Ad ogni modo, una definizione della teoria dell’agenda setting può essere:
Teoria nella comunicazione di massa che afferma che i media hanno la capacità di determinare quali problemi sono importanti per il pubblico.
Esempio di agenda setting
Mi prendo la libertà di fare un esempio in piccolo. Fingi per un istante di avere 8 anni e di essere l’unica bimba o l’unico bimbo a cena con dei parenti. È probabile che tu vorresti parlare di pallone, di bambole, di Pokémon (ho una certa età) e cose del genere. Ma non decidi tu di cosa discutere, lo decidono “i grandi”. E i grandi stanno parlando molto male del vicino di casa, tanto che anche tu te ne stai facendo una cattiva idea. Ecco come la semplice scelta di ciò di cui si parla può influenzare il pensiero delle persone.
Ma abbandono subito questo esempio terra-terra per fartene uno molto serio. Nell’agosto 2005 si scatenò sulla costa est degli Stati Uniti l’uragano Katrina. Di sicuro ricordi l’evento e magari hai ancora negli occhi le immagini del disastro viste in tv e sui giornali. È molto triste, ma devo parlare aridamente del numero delle vittime: 1833.
Dal 2003 fino al 2009 si è consumato il conflitto del Darfur che ha portato allo sterminio di – a seconda delle fonti – 50mila/450mila persone. La copertura mediatica è stata minima nel nostro paese, tanto che molta gente tuttora ignora la vicenda, nonostante i morti siano moltissimi rispetto al disastro Katrina.
Ma ora ti invito di nuovo a pensare ad un evento lontano che invece ricorderai in uno schiocco di dita: l’omicidio di Cogne. In questo caso la vittima è una sola, il povero bambino. Ma che copertura mediatica ha avuto l’omicidio, anche negli anni successivi, rispetto all’uragano Katrina e al dramma del Darfur?
È stata superiore in maniera esponenziale e molti di noi ne hanno discusso al bar o a cena, mentre in Darfur c’era una guerra sanguinosa (ovviamente non voglio mancare di rispetto al povero bimbo, ci mancherebbe).
Tutta colpa dell’agenda setting?
In realtà qui interviene un altro aspetto interessante della teoria della comunicazione e della sociologia e riguarda la propensione che abbiamo a recepire come più importante una notizia che ci sembra più “vicina”.
Non parlo di vicinanza geografica, anche se conta pure quella. È una semplice questione di empatia, e dedicherò un articolo all’argomento, poiché percepiamo più simili a noi gli americani, per via ad esempio del nostro modello di vita occidentale. E ancora di più un bimbo italiano, anche se il delitto di Cogne ha inoltre elementi di memorabilità degni di un romanzo di Agatha Christie o Stephen King.
Quindi, se stavi di nuovo gridando al complotto devo fermarti un’altra volta: è naturale prestare più attenzione a certi fatti rispetto ad altri. Ciò non toglie che la scelta operata dai mass media in quegli anni relegò la questione Darfur davvero ai margini.
In ogni caso hai capito quanto la semplice selezione di ciò che andrà in “agenda” influenzi il nostro pensiero. La scelta dei “topic” è fondamentale in ogni contesto, ti consiglio di tenerlo ben presente.
Agenda setting e agenda building
In realtà gli studi e le teorie sull’agenda setting si concentrarono sull’ambito politico anche se, come abbiamo visto, sono valide per l’intero processo di news making.
Ma l’agenda non è scritta solo da chi detiene il pallino dei mezzi di comunicazione di massa. I topic da discutere possono arrivare all’agenda spinti dalla società, che consegna alle istituzioni le questioni d’interesse generale.
Ciò è usuale perlopiù negli Stati Uniti, dove i gruppi d’interesse sono più autorevoli. E dove un politico, quando non ottiene ascolto al Congresso, può decidere di usare il “gone public”. Ovvero sollecita le comunità a far sentire la loro voce alle istituzioni, con lo scopo di sollevare una questione specifica e sottoporla all’attenzione dei Governatori.
Ti confesso che non ho dati a riguardo e ti chiedo di prendere quanto segue come una mia personale sensazione. Ma mi sento di dire che il web 2.0 abbia conferito più peso all’agenda building rispetto ai tempi d’oro dei media “one way”. Tu come la vedi, sei d’accordo con me?
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